Due rappresentazioni nel cervello
degli affetti negativi
ROBERTO
COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 11 giugno
2022.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Le esperienze negative, nella gamma che va dagli
stimoli sgradevoli e frustranti fino al dolore morale più acuto, intenso e
disadattante, hanno una rappresentazione morfo-funzionale nell’encefalo dei
mammiferi che è da lungo tempo oggetto di studi. Proprio in questi giorni – e se
ne dà notizia nelle “Notule” – è stato pubblicato uno studio sulla variabilità
individuale nella rappresentazione del dolore, inteso quale sofferenza
fisica veicolata dalla sensibilità nocicettiva al cervello, che ci mostra come
in ben 21 regioni importanti per la previsione delle risposte algiche si
possono registrare differenze individuali. Se la percezione del dolore fisico,
ritenuta in passato schematicamente affidabile nella sua costanza di vie e
regioni mediatrici, alla luce della ricerca attuale ha rivelato basi molto meno
schematiche e universali, si comprende quale sia l’attesa per la definizione della
rappresentazione cerebrale umana di tutto ciò che possiamo fare afferire
concettualmente all’ambito del dolore morale.
Gli studi in questo settore devono necessariamente
passare per l’identificazione di elementi costanti, così da avere una base
paradigmatica dalla quale partire per giungere alla comprensione della ratio
dell’organizzazione funzionale nel cervello del complesso mosaico di aree e
sistemi neuronici implicati nella genesi degli stati psichici associati alle
esperienze che vorremmo evitare.
Il nostro cervello presenta sia una rappresentazione
generica e generalizzata di eventi avversi, sia una rappresentazione specifica
per lo stimolo in questione, ma fino ad oggi non sono stati realizzati dei
precisi modelli di questa fisiologia, in particolare non si sa come queste due
rappresentazioni siano integrate e rapportate all’esperienza
soggettiva.
Marta Čeko e colleghi
hanno studiato sia risposte nocicettive mediate dalle vie classiche della
sensibilità dolorifica, sia risposte a suoni o immagini non gradite, e dunque
evocatrici di una sensazione spiacevole o psicologicamente sgradevole. I
ricercatori hanno combinato la risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging) al modeling
predittivo per identificare le due rappresentazioni, quella dell’affetto
cerebrale negativo generico e quella dell’affetto cerebrale negativo specifico
per lo stimolo, ottenendo un risultato significativo.
(Ceko M., et al., Common
and stimulus-type specific brain representation of negative affect. Nature Neuroscience – Epub ahead
of print doi: 10.1038/s41593-022-01082-w,
2022).
La provenienza degli autori è la seguente: Institute of Cognitive Science, University of Colorado,
Boulder, CO (USA); Department of Psychology, Emory University, Atalanta, GA (USA); Center for Neuroscience Imaging
Research, Institute for Basic Science, Suwon (Corea
del Sud); Department of Biomedical Engineering, Sungkyunkwan University, Suwon
(Corea del Sud); Serra Hunter Program, Department of
Medicine, School of Medicine and Health Sciences, University of Barcelona,
Barcelona (Spagna).
Prima di
riassumere il contenuto dello studio qui recensito, ricordiamo le peculiarità
del dolore fisico e i punti di contatto con la sofferenza morale:
“Il dolore è così definito: “Una spiacevole
esperienza sensoriale ed emozionale associata a danno tessutale attuale o
potenziale o descritta nei termini di tale danno”[1]. La
definizione fu proposta dall’International Society for the Study of Pain (IASP)
nel 1979 e confermata fino ad oggi perché “La lesione, come riferimento
imprescindibile, spiega la centralità della conoscenza delle basi molecolari e
della neuroanatomia del sistema che consente la percezione della sensazione
algica e ispira la pratica clinica”[2].
Dunque, deve esservi danno tessutale o cellulare,
anche se microscopico o molecolare minimo; tuttavia, la componente
infiammatoria presente nel dolore morale associato a disturbi depressivi, ansiosi
e da stress, ha molti elementi in comune con la reazione infiammatoria
che accompagna il dolore organico traumatico, patologico e neuropatico.
È comune esperienza che soffrire di un fastidioso
dolore persistente, come una lombalgia, una cefalea o anche solo la morsa di
scarpe troppo strette, può rendere irritabili, mentre è una specifica nozione
medica che un dolore cronico possa interferire con gli affetti espansivi,
ridurre drasticamente la capacità di provare sensazioni piacevoli e contribuire
a processi di inibizione depressiva con mancanza di iniziativa, interesse e
motivazione”[3].
Marta Čeko e colleghi
hanno realizzato un setting sperimentale che ha sottoposto i volontari
alle seguenti esperienze in saggi specifici: 1) danno tessutale causato da trauma
responsabile della genesi di dolore meccanico; 2) danno tessutale da
elevata temperatura causante dolore termico; 3) ascolto di suoni inducenti
sensazioni spiacevoli; 4) visione di immagini inducenti sensazioni spiacevoli.
Ciascuna delle quattro categorie di esperienza negativa
era proposta ai volontari a quattro gradi o livelli di gravità crescente. Durante
i quattro ordini di prove, i partecipanti sono stati studiati mediante fMRI e i
risultati sono stati elaborati secondo le procedure del modeling
predittivo.
Lo studio diretto, durante le prove, ha consentito
ai ricercatori di analizzare il modo in cui congiuntamente le due rappresentazioni,
generalizzata (o comune) e specifica per lo stimolo contribuiscono
all’esperienza avversa vissuta dai volontari.
1) L’affetto negativo specifico per lo stimolo
era in massima parte codificato nelle vie sensoriali primarie.
2) L’affetto negativo generalizzato o comune
era codificato in un insieme di regioni site sulla linea mediana, nel proencefalo,
nell’insula e in regioni somatosensoriali.
Tutti i modelli prevedevano in modo specifico l’affetto
negativo, piuttosto che la rilevanza generale o l’attivazione, e accuratamente
prevedevano l’affetto negativo in campioni indipendenti, dimostrando robustezza
e generalizzabilità.
Per prevedere l’esperienza soggettiva –
particolarmente differenziata in base al grado di dolore o sgradevolezza sperimentato
(I° – IV°) – erano congiuntamente importanti i modelli stimolo-specifici e
generici.
Nell’insieme, i risultati di questo studio, per il
cui dettaglio si rimanda alla lettura del testo integrale dell’articolo originale,
forniscono una documentazione integrata di come l’affettività negativa è
strutturata nel cervello e forniscono contrassegni di previsione specifici (predictive neuromarkers)
che saranno utili alla prosecuzione della ricerca in questo campo.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE”
del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto
Colonna
BM&L-11 giugno 2022
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of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio
Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1] Giuseppe Perrella, Il Disturbo
Post-Traumatico da Stress (PTSD), p. 53, Dipartimento di Neuroscienze,
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Federico II, Napoli 2005; cfr. C. R.
Chapman, Pain, pp. 1-6 in Encyclopedia of Cognitive Sciences, Nature
Publishing Group, London 2003.
[2] Giuseppe Perrella, op cit.,
idem.
[3] Note e Notizie 23-10-21
Individuato il meccanismo di anedonia da dolore. Si veda anche: Note e
Notizie 13-11-21 Scoperta una base funzionale del dolore spontaneo.